Oltre 200 partecipanti al convegno organizzato all’Ospedale di Biella in occasione del cammino intrapreso per la V Centenaria Incoronazione della Madonna di Oropa
«Il compito più grande che abbiamo è lenire il dolore delle persone. Una persona intelligente può avvertire di più il dolore dell’altro. Aver cura significa proteggere, dedicarsi alla vita dell’altro»
. Questa riflessione della Prof.ssa Luigina Mortari esprime la sintesi del convegno “Umanesimo della cura, creatività e sentieri per il futuro” che si è tenuto martedì 11 febbraio scorso presso la sala convegni dell’Ospedale di Biella, in occasione della Giornata Mondiale del Malato. Il convegno, che ha visto la partecipazione di oltre 200 persone, è stato organizzato e promosso dalla Struttura Formazione e Risorse Umane dell’ASLBI in collaborazione con il Santuario e il Comitato Oropa 2020, in occasione della Quinta Centenaria Incoronazione della Madonna di Oropa.
Durante il convegno sono emersi gli aspetti relativi non soltanto alla dimensione fisica della cura, ma soprattutto a quella relazionale, affettiva e spirituale. Questi sono gli elementi che hanno ispirato anche il cammino della V Centenaria Incoronazione: da secoli le persone trovano conforto a Oropa, nei momenti di dolore come in quelli di gioia; negli occhi materni della Madonna trovano la forza per affrontare le difficoltà della vita, accolti da uno sguardo che guarisce e che sostiene, anche nella malattia. La vera cura quindi non è solo quella del corpo, ma anche quella dell’anima. Il significato dell’incoronazione è anche questo: il cammino intrapreso dai “figli” di una Regina che insieme si prendono cura l’uno dell’altro, riscoprendo valori come l’ascolto, la vicinanza, la generosità e l’amore.
Nell’intervento di apertura, il vescovo di Biella Mons. Roberto Farinella ha posto l’accento sul fatto che la capacità di amare deriva dall’esperienza stessa dell’essere stati amati: «Solo chi sa fare questa esperienza di debolezza, di essere amato nella situazione di fragilità può amare. L’amore non è solo un sentimento di compassione, ma è un atto di volontà. Anche nelle esperienze di dolore, come la malattia, bisogna essere capaci di fare delle proprie ferite delle feritoie, attraverso le quali guardare ad un orizzonte nuovo nel rapporto con il prossimo».