Accadde allora: 1620-1621. Le offerte dei devoti in un anno speciale: la Prima Incoronazione
La Prima Incoronazione, evento straordinario e memorabile, arrivò quasi come un fulmine a ciel sereno per stravolgere in modo eccezionale e provvidenziale la vita quotidiana di un noto, ma certo non grandioso, santuario di montagna che allora si apprestava a diventare il maestoso complesso di Oropa come oggi lo conosciamo.
Quel momento, voluto con ardore di fede popolare e riuscito di grande solennità, ha cambiato il destino del Santuario di Oropa e della sua gente. Dall’ultima domenica di agosto del 1620 questo luogo non è più stato lo stesso. La Vergine Bruna ha assunto pienamente la sua regalità e tutto è mutato. Eppure, quella quotidianità è rimasta, tra una fiammata e l’altra, come fuoco che si mantiene sotto la cenere in attesa di essere ravvivato da appuntamenti storici. Per comprendere i quali, come sono state le quattro Incoronazioni, è utile soffermarsi anche sui fatti minimi, sulle piccole cose di tutti i giorni che, spesso inconsapevolmente, preparano le occasioni più grandi.
Nell’Archivio Storico del Santuario di Oropa si conserva il “Libro in cui sono descritti varij beni stabbili, e mobbili del Santo Luogo” che si apre con una registrazione del 12 novembre 1620. In quella data fu “levato il danaro in più partite dalla cassa delle messe da celebrarsi in nome delli devoti della Madonna Santissima d’Oropa”. La bella stagione – quell’anno bellissima per l’avvenimento di fine agosto – stava finendo e ci si preparava a “chiudere” il santuario in vista dell’inverno. Era tempo di fare i conti, di prendere atto di come la devozione si era moltiplicata in funzione dell’Incoronazione, di verificare quanto i biellesi (e non) fossero stati generosi in una circostanza così particolare.
Il mantenimento di Oropa aveva, ha e avrà sempre costi ingenti e tutti dovevano, devono e dovranno partecipare a quel mantenimento, perché è la reggia della Regina era, è e sarà anche e soprattutto la casa dei suoi figli. Noi. Furono trovati “in diverse valute” (perché la devotio populi già allora non aveva confini e perché allora il mondo era assai più frammentato di oggi) 5.994 ducatoni, 10 soldi e 2 denari. Una cifra molto importante. Quel denaro fu “rimesso al Signor Canonico Cesare Gerolamo Gromo dal Capitolo di Santo Steffano per tale effetto elletto, e da lui et con assistenza d’uno delli Signori della Congregatione depositato nella cassa in sacristia di Santo Steffano”.
Il giovane canonico Cesare Gerolamo Gromo (morì nel 1672 a circa ottant’anni, quindi nel 1620 non era ancora trentenne) era stato incaricato della contabilità e gli era stata affidata la responsabilità del deposito nella “cassetta di sicurezza” che si trovava a Biella, nella sacrestia della chiesa di Santo Stefano. D’altro canto, la Congregazione amministratrice di Oropa aveva sede in città e non era pensabile di custodire quassù una tale somma senza correre rischi di furti. Nello stesso giorno altri 6 ducatoni furono consegnati al medesimo contabile da parte di don Cesare Bertodano (a sua volta canonico, era nipote dell’abate Ottavio Bertodano, grande protagonista della Prima Incoronazione, era nato nel 1578 e morirà nel 1638), che li aveva a sua volta ricevuti per identiche ragioni, ossia far celebrare messe per volontà di tanti fedeli.
Con quella somma a disposizione (che sarebbe aumentata ancora di quasi duemila ducatoni nel giro di due settimane) si poteva affrontare il futuro con fiducia. Cominciando a riconoscere al Reverendo Don Baldassarre Burzano, “capellano in montagna” i 222 ducatoni dovutigli per “saldo di messe da lui celebrate per tutto li 6 settembre 1620”. Sicuramente quella del 1620 doveva essere stata un’estate molto impegnativa anche per il “capellano in montagna”.