Piccole storie ai tempi delle Incoronazioni raccolte attraverso i documenti dell’Archivio storico del Santuario
La Terza Incoronazione fu quella che maggiormente ispirò i poeti devoti alla Vergine Bruna. Copiosa fu infatti la produzione di versi dedicati alla Madonna d’Oropa e all’evento dell’ultima domenica di agosto del 1820.
Tra le tantissime, una di quelle scritte dal professore di filosofia Giovanni Agostino Florio rappresenta un buon esempio e uno stimolo di curiosità. Le strofe dell’autore, verosimilmente biogliese di origine, sono inserite nel Ragguaglio istorico compilato dall’avvocato Modesto Paroletti, pubblicato dalla vedova Pomba e i suoi figli, a Torino, in quello stesso 1820.
La composizione in esame, che apre la lunga “canzone” versificata dal Florio, si intitola Invito al pellegrino.
Del lungo mar Tirreno all’onde infide
E dei Sirj deserti alle infocate
Mobili arene, onde calcar il suolo
Di Palestina, o Peregrin devoto,
Non io te invito […]
Inizia così. Con la proposta di un’alternativa. Oropa rappresentava una valida alternativa a un pellegrinaggio in Terra Santa, soprattutto considerando le difficoltà del viaggio. Senza contare i pericoli.
Delle ritorte de’ pirati barbari,
O del pugnal dell’Arabo infedele
Il tentato periglio […]
Dove le “ritorte” dovrebbero essere le scimitarre.
No, invito era per un luogo ben più ameno, e agevole e sicuro.
A non remote,
Non mal secure piagge, alle Oropee
Sacre pendici in questo dì te chiamo.
Giunto a Oropa, il pellegrino avrebbe assistito a un grande evento, quello della Terza Incoronazione, che il Florio descrive con queste parole:
Ivi vedrai, spettacolo ammirando,
Cingere un terzo glorïoso serto
Le brune tempia al Simulacro santo
Della Vergine Diva […]
Certo, il santuario non era esattamente comodo da raggiungere, infatti
Vieni meco: alquanto
salir è d’uopo; ma la via che guida
Dalla Città del Cervo ai sacri gioghi
Poco a poco s’innalza, e gli olmi e i frassini
Rezzo ti fanno […]
I venticelli frequenti (“zefiretti”) e il panorama avrebbero resa più facile la salita, senza contare che, nel procedere verso la meta
[…] troverai di limpida
Acqua da’ monti zampillante vene
L’arsiccio labbro a dissetar.
Una volta in cima, l’accoglienza avrebbe ripagato della lieve fatica, e tutti avuto riparo ristoro, anche se la bella stagione già avanzata recava temperature piacevoli, anche in quota.
Fra le balze Oropëe il suo rigore
Più non ispiega il verno, e le disciolte
Nevi già ai monti or liberaro il tergo:
Rompi gl’indugj, o Pellegrino, e vieni.
Siamo tutti pellegrini, in un modo o nell’altro, e abbiamo appena attraversato un lungo inverno. Si intravvede l’erba dove la neve si è sciolta lungo i fianchi delle montagne. Stanno spuntando i fiori e si avvicina il momento del “quinto serto” da posare sulle “brune tempia” della Statua che attende da centouno anni nel Sacello. Bisogna rompere gli indugi incamminarsi con speranza. Valeva allora, e ancora di più vale oggi.
Chissà quante poesie ispirerà la Quinta Incoronazione?
A cura di Danilo Craveia, archivista del Santuario di Oropa
La poesia Invito al pellegrino di Giovanni Agostino Florio La Madonna d’Oropa raffigurata dall’incisore Avico di Biella nel 1820 Il Santuario di Oropa durante l’Incoronazione del 1820, con l’apparato destinato alla cerimonia innalzato sopra la manica meridionale del chiostro Una cartolina postale d’inizio Novecento tramanda l’aspetto dell’architettura allestita per l’Incoronazione del 1820.