Quella delle corone della Madonna di Oropa è una piccola, ma importante “storia nella storia”.
L’oggetto che attribuisce e simboleggia la regalità della Vergine Bruna (e del Bambino) non è sempre lo stesso dal 1620, anzi nelle precedenti quattro Incoronazioni è sempre cambiato. E questa attitudine alla variazione sarà mantenuta anche per il 2020.
In effetti, ogni volta che la nostra Madonna Nera è stata incoronata, sul Suo capo è sempre stata posta una corona differente dalla precedente. In questi cambiamenti si può ravvisare tanto il desiderio di novità e di aggiornamento del gusto artistico, quanto la volontà di richiamare il passato recuperando (anche in senso materiale) ciò che era stato per riproporlo, rivisitato, nel presente e nel futuro. Questo percorso rappresenta una bella sintesi della storia di Oropa, dove tradizione ed evoluzione si sono sempre fuse per dar vita a fenomeni religiosi, storici e umani rilevanti. Facendo riferimento a quanto già esaustivamente divulgato dal canonico Trompetto nella sua preziosa opera su Oropa, si può provare a riassumere quella “storia nella storia” in qualche riga.
Nel 1620 si stabilì di applicare alla corona di legno già propria della Statua (propria, ma comunque autonoma rispetto alla scultura della Venerata Effige) una duplice corona d’oro con gemme (diamantini, rubini, smeraldi e uno zaffiro). Una più piccola fu realizzata per il Bambino (oro, diamantini e un rubino). Del lavoro di quell’orefice milanese (ignoto) non è rimasto alcunchè visto che nel 1720 le due corone furono impiegate nella formazione del nuovo ornamento.
Nel frattempo, precisamente nel 1681, il gioielliere Bagietto di Torino fu incaricato di produrre un “frontale d’oro a tre fogliami sul mezzo e due altri mezzi fogliami a lato” per ornare la Statua ricoprendo la corona lignea originale che fungeva da base alla doppia corona del 1620. Anche la coroncina del Bambino fu rifatta nel 1681. Giustamente il Trompetto segnalava che tali interventi furono messi in pratica perché in quel 1681 nessuno immaginava di dover/poter/voler incoronare di nuovo la Madonna d’Oropa di lì a trentanove anni.
Nel 1720 l’orefice di corte Bertollero di Torino, con la “benedizione” stilistica dell’architetto Juvarra, sostituì le corone del 1620 (come detto riciclandone i materiali). Fu preservato il citato “frontale” e l’ornamento del Bambino del 1681. A coronare ulteriormente la Vergine Bruna, nel 1723 fu poi aggiunto il cerchio stellato, una sorta di “aureola”, tuttora esistente e visibile nel Museo del Tesoro di Oropa (anch’esso di mano del Bertollero e approvato dal Juvarra).
Nel 1820 furono riutilizzate le corone del 1720 e il “frontale” del 1681 fu allungato in maniera tale da fargli compiere tutto il giro della testa, trasformandolo così in un’ulteriore corona situata alla base delle altre. È interessante notare come quel gioiello “estemporaneo” abbia via via assunto una dignità sua propria, tanto da condizionare le scelte estetiche successive, in particolare quelle del 1920.
Due donativi regali, conferiti durante la visita a Oropa della famiglia di Vittorio Emanuele I e della consorte Maria Teresa d’Austria del 1° agosto 1820, entrarono a quel punto a far parte della “storia nella storia”. Il re aveva portato una “aurea gemmata corona pel Bambino”, mentre la regina “offeriva quella veramente insigne per l’incoronazione della Vergine”. La prima prese il posto di quella del 1681, mentre la seconda causò qualche problema di “innesto” nella già articolata architettura del triregno che ornava la Madonna d’Oropa. Alla fine, il dono della sovrana trovò posto nel cospicuo copricapo elevandolo a un quadriregno, sfarzoso, ma un po’ greve e non omogeneo nelle linee decorative.
Danilo Craveia, archivista del Santuario di Oropa