Mostra "Le pieghe dell'anima"

Le pieghe dell’anima: intervista al rettore

Il rettore del Santuario di Oropa Don Michele Berchi commenta in un’intervista per “La Provincia di Biella” La Mostra di Daniele Basso “Le pieghe dell’anima”

Intervista pubblicata su “La Provincia di Biella” il 6 luglio 2022

La figura mostruosa nel piazzale d’ingresso di Oropa ha fatto parecchio discutere. In tanti, in questi primi giorni della mostra “Pieghe dell’Anima”, hanno giudicato inappropriata e fuori luogo la presenza  della scultura – la prima delle nove che compongono dell’esposizione – proprio all’ingresso del luogo sacro. L’aspetto “malefico”, se non addirittura “satanico”, ha fatto storcere il naso a più d’un visitatore.
Eppure non è casuale che gli organizzatori abbiano scelto di posizionarla proprio lì. A spiegarlo è don Michele Berchi, rettore del Santuario.

«Ci tengo a precisare innanzitutto che non c’è alcuna volontà provocatoria. Qualcuno può aver detto o pensato che sia stato fatto per far parlare, ma non è così: Oropa non ne ha bisogno. L’idea è invece quella di accogliere una mostra che indica un percorso condivisibile. È molto importante che ci sia una reazione, che le opere colpiscano o lascino stupiti, ben venga, laddove questo apre alla curiosità e all’interesse e consente di scoprire che si tratta appunto di un percorso che si sviluppa all’interno di tutto il Santuario, non di un’opera messa lì a caso e fine a se stessa».

Però ammetterà che Boogyeman, questo il nome dell’opera discussa, è effettivamente inquietante… L’impatto è molto forte. Perché è stata posizionata proprio all’ingresso, quasi ad accogliere i visitatori?
Sì, è inquietante, non potrebbe essere altrimenti dato che simboleggia la paura, il terrore, lo spavento. È all’inizio del percorso proprio per questo, perché rappresenta le paure e i tormenti del nostro tempo, dalla pandemia alla guerra, e quelle che ognuno di noi si porta dietro proprio arrivando a Oropa. Paure delle quali simbolicamente ci si libera proprio nel percorso che ci avvicina alla Madonna, alla speranza e al coraggio che vengono rappresentati alla fine dalla scultura di Icaro.

Eppure in tanti pensano che l’opera non sia adatta a un luogo sacro cristiano.
Intanto va detto che non si tratta di una mostra di arte religiosa, bensì di arte laica e contemporanea. Eppure, al contrario, non è distante da una tradizione artistica tipica anche della Chiesa. Tutte le cattedrali medievali europee presentano le stesse simbologie, all’entrata e nei capitelli sono piene di mostri. Per la stessa identica ragione: in quei luoghi sacri, così come a Oropa, viene vinta la paura, il divino ce ne libera proprio perché entriamo in uno spazio abitato da Dio. Il male non va rimosso, ma guardato in faccia e affrontato. In un certo senso io stesso lo faccio ogni mattina…

Ci spieghi meglio.
Ogni giorno, in sacrestia, mi vesto davanti a un orribile mostro che rappresenta il diavolo incatenato da San Bernardo. Il male viene rappresentato da sempre nell’arte cristiana. Le faccio un altro esempio: la Cappella Sistina. Nella parte più bassa del Giudizio Universale c’è Satana: ogni volta che il Papa guarda verso l’altare, si ritrova faccia a faccia con lui e tutti i diavoli.

Tornando a Boogyeman, lei personalmente ha ricevuto critiche per questa scelta negli ultimi giorni?
Direttamente no, indirettamente però sono venuto a conoscenza di alcuni giudizi negativi, che da un certo punto di vista mi hanno abbastanza stupito. Va anche considerato che l’arte contemporanea, in ogni epoca, significa novità e divide. Quando Caravaggio mise i piedi sporchi in primo piano, tutti si scandalizzarono… Ognuno è libero di apprezzare o meno, altro conto è parlare di blasfemia o di offesa alla Madonna. Aggiungo che per comprendere è necessario non fermarsi al primo impatto, ma avere l’umiltà di lasciarsi introdurre. Oltretutto non parliamo di arte astratta, ma figurativa, con immagini di persone, animali, ali… Insomma, più facile da capire, anche se magari non immediata. D’altro canto non è immediata nemmeno l’immagine della croce. Provi a pensare a una persona che non ha mai sentito parlare del Cristianesimo e che entra per la prima volta in una chiesa. Che impatto avrebbe su di lei la visione di un uomo inchiodato su dei pali di tortura? Molto probabilmente farebbe fatica a credere che si tratti di un luogo e di un simbolo sacri. Bisognerebbe spiegarle la storia di Gesù Cristo. Questo per dire che anche ciò che riteniamo immediato, solo perché lo conosciamo, in realtà non lo è. E così è tutta l’arte. L’importante è l’atteggiamento di chi guarda: va bene essere incuriositi e addirittura contrariati, se questo apre alla volontà di comprendere. Se invece in perfetto stile biellese passiamo subito ai giudizi trancianti, forse si capisce una volta di più la difficoltà che spesso questo territorio ha ad aprirsi al mondo.

Tra l’altro parliamo di una mostra laica: da cosa deriva la scelta di ospitarla proprio a Oropa?
Questo forse è proprio l’aspetto più interessante: è una mostra laica che può benissimo essere abbracciata e accolta in un santuario che vuol essere aperto a cammini nei quali ci si può trovare insieme. In questo desiderio di passare dalla paura alla speranza e al coraggio, si compie un percorso in cui a Oropa ci si ritrova compagni, a prescindere dal proprio livello di devozione. Non a caso, dal 1600, il Santuario è retto da laici e religiosi insieme. La gente che viene a Oropa si trova a casa qualunque sia il livello della sua fede. Questo è un luogo di speranza, determinato dalla fede cattolica nella Madonna, capace di abbracciare anche chi è distante. Ho detto sì a Daniele (Basso, l’autore delle opere, ndr), che tra l’altro so essere anche un uomo di fede, perché ritengo che il significato della mostra si adatti perfettamente allo spirito di Oropa. Una delle opere, tra l’altro, è proprio il crocifisso donato da Daniele in occasione dell’Incoronazione.

Quindi ovviamente andrete avanti nonostante le critiche?
Guardi, a Oropa tutti i suggerimenti sono bene accolti, ma se dovessimo badare troppo alle critiche questo luogo non esisterebbe più da un pezzo. Oltretutto ho ricevuto anche moltissimi apprezzamenti da chi ha provato a guardare in modo aperto e ad approfondire. Il percorso si chiude con le ali “laiche” di Icaro, che infatti se pensiamo al mito da sole non bastano a salvarsi. Oropa non può che guardare con simpatia al tentativo umano di liberarsi dalle paure e dal male rappresentati da quel mostro all’inizio del percorso, sarebbe un brutto segno se non fosse più capace di farlo.

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