L’omelia del Vescovo di Biella, Mons. Farinella, in occasione della riapertura della basilica Superiore di Oropa, 30 agosto 2020
OMELIA, DEDICAZIONE DELLA BASILICA DI SANTA MARIA D’OROPA
Venerati confratelli nell’Episcopato, nel sacerdozio e nel diaconato,
Illustri Autorità,
Fratelli e Sorelle,
amici tutti! Sia Lodato Gesù Cristo! E sia lodato il nome di Maria Vergine e Madre!!
Carissimi, quest’assemblea – oggi qui raccolta – è preludio alla grande e attesa celebrazione del rito dell’incoronazione dell’effigie della Madonna d’Oropa, alla quale ci stiamo preparando da tempo e che si svolgerà – com’è noto – il prossimo anno.
Ugualmente solenne e significativa è l’odierna liturgia: Dedicazione della Basilica di Santa Maria d’Oropa.
Questa celebrazione costituisce una tappa significativa del nostro cammino verso la nuova data dell’incoronazione, che ho il piacere di poter annunciare sarà il prossimo 29 agosto 2021, secondo la tradizione l’ultima domenica del mese di agosto. Abbiamo ancora tanto da imparare da Maria e ci mettiamo alla scuola della nostra Madre e Regina.
Accompagna il nostro cammino, come abbiamo sentito all’inizio, il Santo Padre Francesco che ringrazio di cuore per averci voluto indirizzare la sua parola di incoraggiamento e la sua benedizione apostolica a difesa e protezione del nostro Popolo: al Santo Padre assicuriamo la nostra preghiera e la nostra devozione filiale per il suo Ministero a servizio della Chiesa Universale.
Gioisce oggi la santa Madre Chiesa che è in Biella, gioiscono le genti del Piemonte e della Valle d’Aosta, così legate a questo Santuario, gioisce l’intero Popolo di Dio che celebra il giorno del Signore, Pasqua della Settimana.
L’assemblea qui radunata, clero, religiosi e fedeli, con l’intera popolazione biellese (e quanti ci seguono attraverso la diretta televisiva) si rallegra per la riapertura al culto divino di questo maestoso Tempio, la Basilica Superiore della Madonna d’Oropa che torna ad essere nuovamente dedicato alla preghiera, al culto, alla celebrazione dell’Eucaristia, dopo gli imponenti lavori di restauro, che l’hanno riportato al primitivo splendore.
Mentre contempliamo la bellezza di questo luogo sacro con animo pieno di ammirazione desidero ringraziare pubblicamente tutti coloro che hanno affrontato l’oneroso e delicato lavoro di restauro; in particolare ringrazio il nostro amato Vescovo emerito mons. Gabriele Mana, che quattro anni fa, constati gli ingenti lavori che si rendevano necessari per ripristinare l’uso della Chiesa, nella prossimità della V centenaria Incoronazione, senza indugio, con animo forte e coraggioso metteva in moto un imponente processo di sensibilizzazione e avviava una preziosa e motivata catena di persone generose che per le proprie competenze e disponibilità hanno dato il loro contributo fino a giungere al risultato che oggi tutti noi possiamo vedere.
Come biellesi siamo davvero fieri, ed anch’io che lo sono diventato d’adozione, come biellesi siamo contenti di aver espresso il nostro amore alla Santa Madre di Dio, alla nostra Madonna di Oropa, onorando la memoria dei nostri avi e dei nostri padri nella fede, che vollero questa Basilica, incoraggiati dall’animo buono e generoso del Vescovo Gabriele, sostenendo il lavoro di una grande squadra di cuori e di mani generosi che hanno fatto divenire realtà quello che all’inizio sembrava solo un desiderio o un sogno. Il Signore rende merito della loro bontà!!
Ad aprire, con il suggestivo rito liturgico, il grande portale della Basilica è stata l’effigie della nostra amata Madonna di Oropa. Come figli di una Regina abbiamo subito, anche noi, varcato questa Porta Santa della fede, che è Cristo Signore, per essere introdotti nel mistero della vita di Dio.
Maria, Porta del Cielo, Madre di Speranza, Regina d’Oropa ci svela oggi, o meglio, ci ripete nuovamente oggi il segreto della vita cristiana, che come diceva il Papa san Paolo VI, se non è facile, è però felice. E il segreto è questo: con il battesimo, porta dei sacramenti, siamo entrati nella vita cristiana; mettendo in pratica la Parola di Gesù e seguendo il suo esempio, potremo un giorno, anche noi, varcare la Porta che va al Cielo, Ianua Coeli, per un’eternità beata che il Signore ha preparato per noi – sta preparando per noi – e che oggi già gustiamo nel mistero di questa bellissima liturgia di lode e di gloria.
Oggi, con animo filiale e devoto, vogliamo inoltre ringraziare la Vergine Maria per la protezione che ha offerto ai suoi figli e alle sue figlie nei giorni più oscuri della pandemia: per la vicinanza materna che ha dato ai medici e agli operatori sanitari; per il sostegno che ha offerto alle autorità pubbliche chiamate ad affrontare l’emergenza; per le grazie che ha riversato nel cuore dei sacri ministri della Chiesa chiamati ad essere vicini alle proprie comunità; per l’aiuto che ha dato alle famiglie, agli anziani, ai giovani che hanno affrontato il terribile morbo con responsabilità; per la consolazione che ha offerto ai nostri ammalati, agli infermi e ai nostri cari anziani; e per la tenerezza con la quale ha accolto tra le sue braccia, come aveva accolto il Cristo morto deposto dalla Croce, coloro che hanno perso la vita a causa della terribile malattia.
Maria Santissima, invocata da generazioni di fedeli, Madre e Regina di Oropa, lega il suo nome, da sempre, alla speranza, come testimonia l’invocazione alla Vergine Maria e la sua protezione in tutte le vicende storiche che il nostro popolo ha affrontato: guerre, pestilenze, malattie, disagi, povertà.
In questi giorni questo legame si fa ancora più forte perché in un’ora storica così drammatica costituisce dai pericoli della pandemia e dalle sue conseguenze, il richiamo più conveniente della fede cristiana, del Vangelo, è quello a tornare alla speranza.
La Santa Madre di Dio, Maria Santissima torni ad essere la Stella che illumina di speranza tutta la Chiesa e il mondo.
L’antico inno del Maris Stella saluta Maria come “Stella del mare”: Ave Maris Stella. La vita umana è una navigazione in mezzo al mare. Verso quale meta? Come troviamo la strada? Maria è la stella che sa orientare nella navigazione della vita verso il porto ultimo della salvezza, all’approdo sicuro.
La Vergine Maria, qui rappresentata infinite volte, con il celebre segno della stella a otto punte: è lei, la “stella polare”, la Stella Maris che assicura a noi naviganti di attraversare il mare tempestoso della storia per giungere ad un approdo sicuro. La missione della Chiesa mostra questa Stella di Speranza, che Gesù ha acceso in Cielo come «segno di consolazione e di sicura speranza», per ricordare le parole del Concilio Vaticano II (Lumen gentium, 68).
Il contrario della speranza non è la disperazione, ma è la di-speranza; cioè non sapere quale strada prendere nel cammino della vita; non possedere le forze per compiere un vero cammino di liberazione dal male e dal peccato; non agire, ma rimanere inermi, di fronte alle ingiustizie del mondo e ai drammi della storia.
Tornando all’immagine del mare, o del pellegrinaggio, tanto caro al popolo di Oropa, la di-speranza è non conoscere alcuna rotta nella navigazione in cui ci si è avventurati; è non incontrare nessuna stele luminosa da terra e nessun segnale di luce dal cielo, rimanendo in una vita opaca e triste.
Non è purtroppo questa la condizione che vivono tante donne e tanti uomini del nostro tempo? Non è forse questa anche la situazione che viviamo tante volte nella Chiesa, come comunità cristiana?
Oggi ripetiamo – senza paura e con coraggio – che il cristianesimo ha la certezza luminosa che la “Stella del mare” è Maria, una stella di speranza che può illuminare la navigazione grande barca dell’intera famiglia umana.
Ebbene, fratelli e sorelle, guardando alle condizioni che molti vivono nel mondo, nella società attuale, facciamo in modo, facciamo missionari, affinché se un non credente o una persona che si fosse allontana dalla fede dovesse varcare in questo momento la soglia della Porta di questo santuario o di una modesta chiesa, avvertendo l’amore sincero che unisce i cristiani al Signore celebrato nella bellezza di questa liturgia con i suoi canti e le sue musiche, provi almeno un brivido di bellezza e di armonia che vengono dalla nostra fede, vissuta con amore e con testimonianza.
Ai giovani e a quanti sono alla ricerca del senso della vita e della propria vocazione desidero concludere citando questo episodio che diventa un augurio per decidersi per Cristo.
– Era il pomeriggio del giorno di Natale del 1886 a Parigi. Vagabondando per le strade del centro, il diciottenne Paul Claudel – che diventerà uno dei più blasonati poeti francesi, allora agnostico e indifferente – aveva imboccato per una sosta il portale di Notre Dame, la grandiosa cattedrale parigina.
In quel momento la purezza del canto saliva verso le volte della cattedrale. Si stava cantando il Magnificat di Maria, testo evangelico obbligato nella liturgia dei Vespri.
Claudel, come confesserà, era uscito da quell’esperienza trasformato, destinato a diventare ormai il cantore della fede cristiana a tutti noto (una sua testimonianza, sarà, ad esempio, il suo dramma Annonce fait à Marie?). Anni dopo, nel 1913, confesserà: «In quel giorno credetti con una tale forza di adesione, con una tale elevazione di tutto il mio essere, con una convinzione così forte, con una tale certezza, con una tale assenza di dubbi che in seguito né i libri, né i ragionamenti, né le sorti di una vita agitata hanno potuto scuotere la mia fede».
Buon cammino fratelli e sorelle carissimi! Maria, Regina del Monte d’Oropa, interceda per noi e ci accompagni sempre nel cammino della vita!