Come detto nella prima parte di questa panoramica sul paesaggio di Oropa, le Incoronazioni centenarie hanno scandito il tempo anche delle evoluzioni dell’ambiente oropeo.
Ma le stesse celebrazioni sono state anche solo testimoni di avvenimenti epocali già in corso al momento degli anniversari secolari.
Le rappresentazioni del contesto naturale che faceva (e fa) da sfondo al santuario, dal Settecento in poi fino alla fotografia e alla cinematografia, tramandano una situazione in continuo divenire. Il fenomeno più facilmente percepibile è quello della presenza o meno dei boschi. Quasi come un polmone che si dilata e si riduce, anche il “polmone verde” di Oropa si è contratto ed espanso a seconda del periodo storico, dapprima con sempre più consistenti disboscamenti, poi con le grandi campagne di piantumazione dell’Ottocento, infine i nuovi abbattimenti in ragione della Grande Guerra in corso.

Conseguentemente a quanto avveniva per gli alberi, dai quali si otteneva legname da ardere e da opera, anche i pascoli hanno avuto momenti di maggiore estensione ed altri di minore ampiezza.
Nel 1620 gli alti fusti della conca hanno assistito alla Prima Incoronazione da padroni del luogo. Cento anni dopo i riferimenti non erano cambiati di molto, ma gli uomini avevano iniziato a modificare la destinazione d’uso del suolo. Nel 1820 le foreste avevano lasciato molta superficie ai prati e alla roccia nuda, tant’è che i paesaggisti della prima metà dell’Ottocento (dal Bagetti al Rovere) raffigurarono il complesso santuariale circondato a montagne aspre, scabre, dove le piante costituivano solo una piccola parte del patrimonio forestale originario di Oropa.

Nel 1920 molti faggi erano stati tagliati per ragioni belliche, ma molti altri erano diventati listelli e tavolati utili per le casserature e per il ponteggio del grande cantiere della Chiesa Nuova. Adesso i boschi hanno nuovamente circondato il santuario. Gli alpeggi non sono più “carichi” come una volta e il pascolo ha ceduto terreno.

Dopo il 1920, di fronte all’esperienza di quella folla gigantesca, maturò la consapevolezza che, in futuro, in un’altra occasione come quella, Oropa doveva poter offrire una accoglienza più adeguata, ampia e moderna. Tale “visione progettuale”, in buona misura legata ai grandi eventi che il complesso avrebbe vissuto nell’avvenire, prese forma nel “Piano Regolatore Generale” di Oropa, redatto nel 1941 dall’architetto Pietro Paolo Bonora (1888-1969) sotto la guida del rettore del santuario, can. Pietro Angelo Boggio (1879-1955).
Il “PRG” oropeo fu corredato da un plastico (purtroppo andato perduto) dal quale emerge una inedita centralità della Chiesa Nuova in un altrettanto inedito assetto maggiorato del Santuario di Oropa. Tutto doveva essere più capiente ed esteso (triplicato per superficie e raddoppiato per cubatura) e non solo per quanto riguardava i luoghi specifici del culto, bensì per accogliere più gente, e meglio. E’ chiaro che quelle dimensioni impressionanti, anche per un sistema di volumi già impressionante di per sè, non possono essere comprese se non nel contesto delle Incoronazioni, come quella del 2020.
Danilo Craveia, archivista del Santuario di Oropa